sabato 20 aprile 2013

A VOLTE UNA FINE PUO' ESSERE UN INIZIO

Lo sapevo che mi ero già avviata su una strada diversa, quello che sarebbe stato un processo lento e senza ritorno, quantomeno se le cose fossero rimaste inalterate. Quando incomincio a desiderare di essere altrove, significa solo che non sono contenta dove sono e, se mi è possibile, cerco di non restare. Difficile però che sbatta la porta e ci metta un lucchetto, piuttosto la accosto e spesso lascio uno spiraglio...magari dipende solo da me, da uno stato d'animo particolare e passeggero, non trovo fuori perchè dovrei cercare dentro di me.

Mi sono data tempo, tutto il tempo di cui avevo bisogno, senza mettermi fretta e adesso sono tornata solo per non lasciare nulla in sospeso. Non è da me. Le situazioni non chiuse ostacolano la ricerca di qualcosa di nuovo, in ogni caso, sono come zavorre che ci ancorano al passato.

Era da tanto che non passavo da queste parti, a guardare la data mi sono resa conto che è quasi un anno, un anno in cui mi sono ritrovata a voler fuggire da tutto ciò che scrivere sul blog significava: non sono più passata da voi, ho tagliato via tutti quei piccoli filamenti, alcuni dei quali magari con il tempo si sarebbero potuti trasformare in qualcosa di più profondo, perfino un'amicizia...e non sapete quanto mi dispiace!

Ma se vi dico che in tutto questo tempo non ho più fatto una foto, allora potete capire quanto questo mio atteggiamento dipendesse poco dalla mia volontà, ma fosse come un desiderio di fare scomparire in un buco nero le mie delusioni.

Poi è successa una cosa.

Dire che è successa non è proprio vero, cioè probabilmente era venuto il momento di voltare pagina perchè navigando sul web sono letteralmente "inciampata", non ricordo nemmeno come, nella locandina di un corso di food photography tenuto da lei e senza esitazione ho deciso: vado!!!

Per un po' mi ero detta - se proprio non viene fuori niente, è meglio non sforzarsi, ma aspetta che ti aspetta, l'ispirazione continuava a non farsi vedere, allora ho capito che era giunto il momento di mettermi in moto per farle venire voglia di tornare.

Bè, non potevo cascare meglio! Laura è una persona speciale oltre che una bravissima fotografa ed ha saputo immediatamente creare affiatamento nel gruppo anche se ci eravamo appena incontrate e poi tra le ragazze c'era qualcuno che conoscevo solo dal blog e che avrei tanto voluto conoscere di persona, Federica di Note di Cioccolato.

Tutto bene finchè non è venuto il momento di scattare.

Non so se succede anche a voi, ma per me fare foto non è prendere una macchina ed incominciare a scattare, lo descriverei piuttosto come un vero e proprio stato di grazia in cui vedo ciò che ho intorno con altri occhi, sento una naturale ed irrefrenabile necessità di dare la mia interpretazione alla realtà, il mio punto di vista, la mia inquadratura.

Così ho cercato in ogni modo di svicolare e c'ero quasi riuscita a mimetizzarmi...ma si dà il caso che Laura abbia gli occhi anche dietro la testa, o - come le ho detto -  la sfera di cristallo, così che mi ha immediatamente scoperto e non ho potuto fare a meno di fare qualche scatto.

Ammetto: lì per lì non sono riuscita a metterci il cuore, ma qualcosa si sta muovendo, sto ritrovando quello che avevo perso.

In altre condizioni mi sarei comportata come una bambina in un negozio di giocattoli: il setting era allestito in modo stupendo, le luci ed i colori creavano un'atmosfera perfetta, vi consiglio di andare a dare un'occhiata al post di Vaty!

Io vi posso lasciare solo questa



Per il momento vi saluto, ma ricordatevi che nel titolo si nomina un inizio...
...stay tuned!

sabato 28 luglio 2012

UNA PAUSA DI RIFLESSIONE

Mi dispiace moltissimo ma per vari motivi non riesco più ad aggiornare il blog: è un periodo un po' così, in cui molte cose non vanno come dovrebbero e non trovo più il senso di scrivere a nome di altre persone.
Ho pensato che è meglio che mi prenda un periodo di pausa  per riordinare le idee, che in questo momento sono piuttosto confuse, e magari trovare nuove ispirazioni...

"Non è rompendo la solitudine, bensì approfondendola, che gli esseri diventano capaci di comunicare."
Louis Lavelle


giovedì 19 luglio 2012

PICCOLI PIACERI con LE FRAGOLE


Buongiorno a tutte ragazze, sono tornata (più o meno) come prima. 
E' passato quasi un mese in cui non ho aggiornato il blog nè sono passata dai vostri, ma non mi sentivo di farlo e mi sono rispettata, anche se ho fatto fatica a sopportare questo stato di impasse

Mi sentivo inadeguata, con energie insufficienti ad affrontare ogni mattina una nuova giornata, il più piccolo ostacolo appariva insormontabile, un senso di immobilità, di paralisi interiore, di impotenza mi pervadeva.
C'è stato spazio solo per quello che necessariamente dovevo fare: la quotidiana routine minima di mamma e moglie mi sfiancava fino a togliermi ogni barlume di creatività.

Mi dicevano - hai affrontato un intervento non da poco (e sì, sono dovuta a stare quasi 2 settimane a letto) e poi con questo caldo...ma non potevo fare a meno di cadere in un meccanismo vorticoso di pensieri scoordinati, senza senso e soprattutto negativi, che non facevano altro che peggiorare la già patetica situazione.
Le poche volte che mi è venuto l'estro di mettermi ai fornelli per fare qualcosa di più di una pasta al pomodoro ed un'insalata, ho combinato dei pasticci degni di una dilettante, cosa che non ha di certo migliorato il mio stato d'animo, facendomi riflettere se non fosse stato il caso di darmi a tutt'altro e chiudere il blog...ma poi mi sono detta - tranquilla, ogni cosa ha il suo tempo, non si può perdere così improvvisamente quello che si è acquisito in tanti anni!

La creatività dopotutto si nutre di esperienza ma anche di vitalità, è un impulso continuo che ci porta alla ricerca di un nuovo punto di vista o di una soluzione che fino al giorno prima era impensabile, è qualcosa che ci fa stare bene, ma che facilmente si spegne quando non si sta bene.

Non sono certa di essere tornata nel pieno della mia forma, ma in ogni caso sono riuscita a preparare questi dolcetti molto leggeri utilizzando le fragole del Trentino che si trovano adesso sul mercato e che, a dire la verità, preferisco a quelle giganti ma poco saporite che arrivano dal Sud Italia.


Non amando in questo periodo i sapori molto decisi, ho preferito utilizzare al posto dello zucchero lo sciroppo d'acero, un dolcificante naturale ricavato dal succo di aceri selvatici canadesi. 
Gli alberi in primavera vengono incisi ed il succo viene concentrato fino ad ottenere uno sciroppo ad alto potere dolcificante ma poco calorico, naturalmente ricco di sali minerali, acido malico e vitamine, ottimo integratore dalle proprietà depurative ed energizzanti.


MUFFINS CON FRAGOLE 
LATTE DI COCCO e SCIROPPO D'ACERO


Ingredienti

gr 170 di farina tipo 00
gr 30 di farina di grano saraceno
110 gr di sciroppo d'acero
2 uova
100 gr di latte di cocco
gr 50 olio di mais
gr 100 di fragole a piccoli pezzetti
1 limone la scorza grattugiata
1 bustina di lievito per dolci
1 pizzico di sale


Setacciate in una terrina le farine con il lievito, aggiungete il sale.

Sbattete le uova con il latte di cocco, l'olio, lo sciroppo d'acero e la scorza di limone ed aggiungete alle farine mescolando brevemente.

Unite le fragole e riempite degli stampini per muffin fino a 2/3 ed infornate a 190°C per circa 20 minuti.

Lasciate intiepidire e servite accompagnando a piacere con sciroppo d'acero.




A presto!

lunedì 25 giugno 2012

ANGURIA APPETIZER

Oggi vi lascio una ricetta così semplice che più semplice non si può.

La scelta non è dovuta al caldo che fa passare la voglia di accendere qualsiasi sorgente di calore.

Vi confesserò - anche se mi vergogno a dirlo - che dove abito io non lo accuso affatto, tanto che di notte dormo con una trapuntina leggera che verso il mattino mi fa piacere tirare su. 

No, non abito in montagna, vedo il mare pochi chilometri sotto, ma la posizione in collina leggermente ventilata e la mia vecchia casa con i muri di pietra mi regalano una piacevole frescura anche nelle estati più torride :)

Mi ritengo molto fortunata perchè la settimana scorsa sono stata per qualche giorno in ospedale a Bologna...accipicchia che calura!!!

E' per questo motivo che non me la sento di cucinare, sono in convalescenza dopo un intervento, ma non volevo mancare all'ultimo degli appuntamenti per la prossima rivista di AboutFood

Ecco allora che quando la preparazione è semplice, bisogna pensare ad una bella presentazione...


                                                                                                   Spero vi piaccia!


APPETIZER DI ANGURIA 
e
FRESCO DI CAPRA 
ALL' ACETO BALSAMICO


Vi occorrono:

- una baby anguria
- un rollè di formaggio di capra fresco
- menta fresca e prezzemolo
- glassa all'aceto balsamico di Modena

Tagliate l'anguria a cubi di circa 3 cm (se avete uno scavino della giusta dimensione potete farli anche più piccoli) e praticate un'incavo su un lato di ogni cubo. Conservate anche le mezze sfere.
Cospargete appena di sale e lasciate sgocciolare per 15 minuti sopra un foglio di carta da cucina.

Tritate la menta insieme al prezzemolo conservando qualche foglia per la decorazione.

Tagliate il formaggio e rotolatelo nelle erbe tritate.


Completate con la glassa all'aceto balsamico, un filo d'olio ed una macinata di pepe sul caprino.
Decorate con tutto ciò che la fantasia vi suggerisce e servite subito!



                                  Io ho accompagnato l'appetizer con delle rose di bresaola



                                   Partecipo con questa ricetta al contest di AboutFood


           

domenica 24 giugno 2012

IL LINGUAGGIO SEGRETO DEI FIORI


" Non mi fido, come la lavanda.
Mi difendo, come il rododendro.
Sono sola come la rosa bianca, e ho paura.
E quando ho paura, lascio che la mia voce siano i fiori."


Questa frase è tratta da un libro che ho letto qualche tempo fa tutto di un fiato ed a cui ho pensato immediatamente quando ho visto questo disegno della sfida del mese di Valentina e Cinzia  a cui invio questa ricetta


"Il linguaggio segreto dei fiori" di Vanessa Diffenbaugh

un bellissimo libro intriso di tristezza e di vita, che parla della sofferenza di una bambina abbandonata in culla che ha passato l'infanzia saltando da una famiglia adottiva a un'altra.
Un libro che parla anche di coraggio e di speranza e che ci mostra la forza immensa dell'amore più vero, quello imperfetto e senza radici, che dà senza pretendere nulla in cambio.

Victoria ha paura del contatto fisico. Ha paura delle parole, le sue e quelle degli altri. 
Soprattutto, ha paura di amare e lasciarsi amare. 
C'è solo un posto in cui tutte le sue paure sfumano nel silenzio e nella pace: è il suo giardino segreto. 

I fiori sono il suo rifugio, la sua casa, la sua voce, attraverso il loro linguaggio Victoria comunica le sue emozioni più profonde. Ed è proprio grazie a questo magico dono che Victoria prende in mano la sua vita, trovando lavoro come fioraia: suoi fiori sono tra i più richiesti della città, regalano la felicità e curano l'anima.
Ma Victoria non ha ancora trovato il fiore in grado di rimarginare la sua ferita. Perché il suo cuore si porta dietro una colpa segreta e l'unico in grado di estirparla è un ragazzo misterioso che sembra sapere tutto di lei.

Ma non vi voglio raccontare tutto, perchè se ancora non lo avete letto, vi consiglio di correre in libreria!

Particolare l’idea di stampare il libro con quattro diversi tipi di copertine in modo che il lettore possa scegliere quella che più gli aggrada, ognuna rappresenta un fiore diverso con un suo significato: la rosa, la camomilla, la gerbera ed la bouganville.

Un'altra bellissima sorpresa è stata quella di trovare alla fine del libro un piccolo dizionario del significato dei fiori, di cui vi lascio il link.

 «Parlo del linguaggio dei fiori», cominciò a spiegare Elizabeth. 
«Viene dall’epoca vittoriana, come il tuo nome. Secoli fa le persone comunicavano attraverso i fiori.Se un uomo regalava un mazzo di fiori a una giovane donna, lei correva a casa per cercare di decifrarne il messaggio segreto.


Poi ho dovuto scegliere un fiore con cui realizzare la ricetta, ma non ho avuto esitazioni




Nel  mio giardino il gelsomino è in piena fioritura ed il profumo è inebriante. 

Si tratta di Trachelospermum jasminoides, un arbusto rampicante sempreverde con grandi foglie verde scuro e fiori bianchi a cinque petali molto profumati, il più diffuso insieme alla specie Jasminum officinale che ha invece foglie caduche lanceolate acuminate solo in punta.





Il gelsomino, originario del Malabar nelle Indie Orientali, fu importato nell'Europa dai navigatori spagnoli.
La leggenda racconta che in Italia il primo ad averne qualche esemplare fu Cosimo I de' Medici, detto il "Gran diavolo": si invaghì tanto di questo fiorellino, che volendo esserne l'unico possessore, proibì severamente ai suoi giardinieri di regalarne anche una sola pianta e di riprodurlo in molti esemplari. L'ordine granducale fu scrupolosamente rispettato per molti anni, finchè un giovane giardiniere, volendo presentare un gentil dono alla propria fidanzata nel giorno del suo onomastico, pensò di offrirle un ramoscello di gelsomino. La giovane gradì a tal punto che, dolente che un così bello e raro fiore dovesse avvizzire così presto, lo mise in terra per conservarlo fresco più lungamente ed ottenne più di quanto sperasse. Il gelsomino restò verde per tutto l'anno e nella seguente primavera gettò nuovi germogli e nuovi fiori e divenne il padre, se non di tutti, almeno di buona parte dei gelsomini che possediamo.
Il ricavo della vendita di queste pianticelle fu tanto cospicuo, che i poveri amanti divennero ben presto sposi doviziosi e felici. Da quel tempo le giovinette toscane usarono portare nel dì delle nozze un mazzetto di gelsomini, in memoria di tale avvenimento. 
In Toscana ancora oggi si dice che " ragazza degna di portare quel mazzolino è ricca abbastanza per fare la fortuna del marito".


Nel linguaggio dei fiori secondo la specie ed il colore della fioritura, il gelsomino esprime un diverso stato d'animo o desiderio. Il bianco è segno di amabilità mentre il giallo di felicità. Nel caso di timidezza, si può portare in dono alla propria amata un gelsomino notturno che è l'emblema della timidezza e significa unione. Quando l'amore sarà conquistato si passa al gelsomino rosso delle Indie che comunica il desiderio di accarezzarsi. Infine, dopo la prima notte d'amore, si regalerà il gelsomino giallo, simbolo della felicità matrimoniale.


Per la ricetta ho scelto qualcosa di estremamente delicato, come lo è questo fiore


GELATINA AL GELSOMINO


Ho usato come base una gelatina di mele, addensata con l'agar agar, che lasci vedere in trasparenza le corolle del fiore, appena velata di arancio dall'aggiunta di succo d'arancia rossa, per evitare l'inevitabile colore marroncino che prendono i fiori poco tempo dopo la raccolta.


Ingredienti

1,5 kg di mele
500 ml di acqua
400 gr di zucchero
2 cucchiaini da caffè di agar agar in polvere (6-8 gr)
succo d'arancia rossa
50 gr di petali di gelsomino appena colti 
(mi raccomando, è un lavoro da certosino, ma rigorosamente solo i petali ed i boccioli  - senza i sepali - puliti da eventuali piccoli insetti)



Sbucciate le mele, tagliatele a pezzi e mettetele in una pentola, aggiungere l'acqua, portatatele ad ebollizione e fatele cuocere con il coperchio finchè sono molto morbide e lasciatele riposare fino al giorno dopo.

Versate la frutta in un telo da cucina pulito e lasciate sgocciolare il succo, meglio sarebbe usare una mussola o un filtro di garza per evitare di strizzare perchè il liquido deve essere limpido. Se volete evitare questo passaggio potete usare il succo di mela già pronto. 

Misurate la quantità ottenuta ed aggiungete il succo d'arancia fino ad arrivare a 800 ml, valutando eventualmente di sostituirlo con un poco di acqua per non colorare troppo la gelatina.

A parte stemperate  l'agar agar con poco liquido freddo, la quantità dipende dalla consistenza che desiderate, poi aggiungete lo zucchero al restante e portate ad ebollizione.

Versate il liquido con l'addensante e bollite per almeno 5 minuti a fuoco vivace, mescolando frequentemente.

Dopo aver valutato la consistenza della gelatina, spegnete il fuoco, aggiungete i petali e versatela ancora bollente nei vasetti sterilizzati, chiudete ermeticamente e lasciate capovolti per 5 minuti.



Durante il raffreddamento ed il conseguente addensamento della gelatina, girate di tanto in tanto i vasetti per favorire la distribuzione omogenea dei petali all'interno del vasetto perchè tendono a venire a galla.


                                                                                                                                                                           

giovedì 14 giugno 2012

PIZZALANDREA

O Pizza all'Andrea, Piscialandrea, Sardenaira, Pissaladiere...insomma chiamatela come volete, le versioni sono tante e tanti ne rivendicano la paternità, fatto sta che più che una pizza è una focaccia condita con ingredienti semplici e tipicamente mediterranei: cipolle, aglio, acciughe, pomodori, olive nere ed erbe aromatiche.

Il suo nome ligure secondo la leggenda deriva da un illustro estimatore, l'ammiraglio genovese Andrea Doria, più probabilmente si tratta di una ricetta originariamente nizzarda, la pissaladiere (da pissalat - pesci salati) che varcando i confini, oltre alla storpiatura del nome, subì anche modifiche negli ingredienti come l'aggiunta del pomodoro ed a volte dei capperi e la sostituzione delle erbe di Provenza con l'origano.

Una cosa è certa, non l'apprezzerete se non vi piacciono le cipolle :)

Questa è la mia versione, una via di mezzo tra la ligure e la francese: cipolle in abbondanza, acciughe sotto sale, olive nere, spicchi d'aglio vestiti e pomodorini sì, ma a fettine sopra invece che come vorrebbe la versione ligure, in salsa mescolati alle cipolle, una bella spolverata di origano e...lievitazione a pasta madre ;)


Incominciamo con la preparazione della pasta, per la quale ho voluto sperimentare l'uso della pasta per la pizza con il poolish, tratta dal libro di Antonella Scialdone "La pasta madre" di cui sono rimasta particolarmente soddisfatta, probabilmente anche per il fatto che ho scelto una farina trovata solo di recente sugli scaffali del supermercato, una farina biologica di tipo 1 macinata a pietra.



La macinazione a pietra produce una farina a granulometria irregolare, non perfettamente bianca, con una più elevata presenza di crusche e totale conservazione del germe, una farina molto più saporita, profumata e digeribile. La differenza è data dal fatto che nel germe, che questo tipo di macinazione riesce a conservare, è contenuta la parte più nobile e saporita del seme. Inoltre la macinazione a pietra permette una lavorazione lenta senza surriscaldare il prodotto e ciò permette di produrre farine di notevole pregio che contengono ancora i principi nutritivi contenuti nel chicco.


Potete comunque fare la pasta con la vostra ricetta con cui fate abitualmente la pizza.

Questo impasto è a lenta lievitazione ed è molto comodo da usare perchè potete prepararlo con molto anticipo e lasciarlo in frigo.

Ingredienti per il poolish


120 gr di farina Manitoba
160 gr di acqua 
120 gr di pasta madre rinfrescata


Si prepara la sera prima sciogliendo la pasta madre nell'acqua, aggiungendo la farina e mescolando bene fino ad avere un composto omogeneo che risulterà molto molle.
Lasciate tutta la notte a temperatura ambiente.

La mattina dopo aggiungete

400 gr di farina tipo 1 "Buratto" Mulino Marino
180 gr di acqua
10 gr di sale
10 gr di malto in polvere (sostituibili eventualmente con un cucchiaino di zucchero)
20 gr di olio extravergine d'oliva


L'impasto sarà piuttosto morbido e dovrà riposare per circa 1 ora.

Sgonfiate l'impasto, appiattitelo a rettangolo e piegate i due lati uno sull'altro (piega 3), girate di 90° e ripetete l'operazione. Le pieghe servono a rafforzare il glutine contenuto nell'impasto.

Coprite e fate lievitare per un'altra ora, poi mettete in frigo.

Io ho ripreso l'impasto dopo 24 ore e si presentava così


L'ho spezzato in pezzi da circa 250 gr, ho formato delle palline e l'ho lasciate un paio d'ore sulla spianatoia infarinata prima di stenderle nella teglia senza mattarello, solo facendo pressione con le mani, partendo dal centro ed andando verso l'esterno.

Nel frattempo avevo stufato in qualche cucchiaio di olio ed un pizzico di sale circa 1 kg di cipolle bianche fresche che, una volta raffreddate ho messo sulla pasta, decorando gli altri ingredienti: filetti di acciuga dissalati, olive nere taggiasche denocciolate, spicchi d'aglio vestiti, origano ed un filo di olio extravergine d'oliva.

Infornate in forno caldissimo, poi abbassate a 240°C e cuocete fino a doratura della pasta.



Potete servirla sia calda che fredda, è comunque squisitissima!



Con questa ricetta partecipo al contest “I love pizza” de "i dolci di Laura"
 in collaborazione con Tec-Al srl