sabato 28 luglio 2012

UNA PAUSA DI RIFLESSIONE

Mi dispiace moltissimo ma per vari motivi non riesco più ad aggiornare il blog: è un periodo un po' così, in cui molte cose non vanno come dovrebbero e non trovo più il senso di scrivere a nome di altre persone.
Ho pensato che è meglio che mi prenda un periodo di pausa  per riordinare le idee, che in questo momento sono piuttosto confuse, e magari trovare nuove ispirazioni...

"Non è rompendo la solitudine, bensì approfondendola, che gli esseri diventano capaci di comunicare."
Louis Lavelle


giovedì 19 luglio 2012

PICCOLI PIACERI con LE FRAGOLE


Buongiorno a tutte ragazze, sono tornata (più o meno) come prima. 
E' passato quasi un mese in cui non ho aggiornato il blog nè sono passata dai vostri, ma non mi sentivo di farlo e mi sono rispettata, anche se ho fatto fatica a sopportare questo stato di impasse

Mi sentivo inadeguata, con energie insufficienti ad affrontare ogni mattina una nuova giornata, il più piccolo ostacolo appariva insormontabile, un senso di immobilità, di paralisi interiore, di impotenza mi pervadeva.
C'è stato spazio solo per quello che necessariamente dovevo fare: la quotidiana routine minima di mamma e moglie mi sfiancava fino a togliermi ogni barlume di creatività.

Mi dicevano - hai affrontato un intervento non da poco (e sì, sono dovuta a stare quasi 2 settimane a letto) e poi con questo caldo...ma non potevo fare a meno di cadere in un meccanismo vorticoso di pensieri scoordinati, senza senso e soprattutto negativi, che non facevano altro che peggiorare la già patetica situazione.
Le poche volte che mi è venuto l'estro di mettermi ai fornelli per fare qualcosa di più di una pasta al pomodoro ed un'insalata, ho combinato dei pasticci degni di una dilettante, cosa che non ha di certo migliorato il mio stato d'animo, facendomi riflettere se non fosse stato il caso di darmi a tutt'altro e chiudere il blog...ma poi mi sono detta - tranquilla, ogni cosa ha il suo tempo, non si può perdere così improvvisamente quello che si è acquisito in tanti anni!

La creatività dopotutto si nutre di esperienza ma anche di vitalità, è un impulso continuo che ci porta alla ricerca di un nuovo punto di vista o di una soluzione che fino al giorno prima era impensabile, è qualcosa che ci fa stare bene, ma che facilmente si spegne quando non si sta bene.

Non sono certa di essere tornata nel pieno della mia forma, ma in ogni caso sono riuscita a preparare questi dolcetti molto leggeri utilizzando le fragole del Trentino che si trovano adesso sul mercato e che, a dire la verità, preferisco a quelle giganti ma poco saporite che arrivano dal Sud Italia.


Non amando in questo periodo i sapori molto decisi, ho preferito utilizzare al posto dello zucchero lo sciroppo d'acero, un dolcificante naturale ricavato dal succo di aceri selvatici canadesi. 
Gli alberi in primavera vengono incisi ed il succo viene concentrato fino ad ottenere uno sciroppo ad alto potere dolcificante ma poco calorico, naturalmente ricco di sali minerali, acido malico e vitamine, ottimo integratore dalle proprietà depurative ed energizzanti.


MUFFINS CON FRAGOLE 
LATTE DI COCCO e SCIROPPO D'ACERO


Ingredienti

gr 170 di farina tipo 00
gr 30 di farina di grano saraceno
110 gr di sciroppo d'acero
2 uova
100 gr di latte di cocco
gr 50 olio di mais
gr 100 di fragole a piccoli pezzetti
1 limone la scorza grattugiata
1 bustina di lievito per dolci
1 pizzico di sale


Setacciate in una terrina le farine con il lievito, aggiungete il sale.

Sbattete le uova con il latte di cocco, l'olio, lo sciroppo d'acero e la scorza di limone ed aggiungete alle farine mescolando brevemente.

Unite le fragole e riempite degli stampini per muffin fino a 2/3 ed infornate a 190°C per circa 20 minuti.

Lasciate intiepidire e servite accompagnando a piacere con sciroppo d'acero.




A presto!

lunedì 25 giugno 2012

ANGURIA APPETIZER

Oggi vi lascio una ricetta così semplice che più semplice non si può.

La scelta non è dovuta al caldo che fa passare la voglia di accendere qualsiasi sorgente di calore.

Vi confesserò - anche se mi vergogno a dirlo - che dove abito io non lo accuso affatto, tanto che di notte dormo con una trapuntina leggera che verso il mattino mi fa piacere tirare su. 

No, non abito in montagna, vedo il mare pochi chilometri sotto, ma la posizione in collina leggermente ventilata e la mia vecchia casa con i muri di pietra mi regalano una piacevole frescura anche nelle estati più torride :)

Mi ritengo molto fortunata perchè la settimana scorsa sono stata per qualche giorno in ospedale a Bologna...accipicchia che calura!!!

E' per questo motivo che non me la sento di cucinare, sono in convalescenza dopo un intervento, ma non volevo mancare all'ultimo degli appuntamenti per la prossima rivista di AboutFood

Ecco allora che quando la preparazione è semplice, bisogna pensare ad una bella presentazione...


                                                                                                   Spero vi piaccia!


APPETIZER DI ANGURIA 
e
FRESCO DI CAPRA 
ALL' ACETO BALSAMICO


Vi occorrono:

- una baby anguria
- un rollè di formaggio di capra fresco
- menta fresca e prezzemolo
- glassa all'aceto balsamico di Modena

Tagliate l'anguria a cubi di circa 3 cm (se avete uno scavino della giusta dimensione potete farli anche più piccoli) e praticate un'incavo su un lato di ogni cubo. Conservate anche le mezze sfere.
Cospargete appena di sale e lasciate sgocciolare per 15 minuti sopra un foglio di carta da cucina.

Tritate la menta insieme al prezzemolo conservando qualche foglia per la decorazione.

Tagliate il formaggio e rotolatelo nelle erbe tritate.


Completate con la glassa all'aceto balsamico, un filo d'olio ed una macinata di pepe sul caprino.
Decorate con tutto ciò che la fantasia vi suggerisce e servite subito!



                                  Io ho accompagnato l'appetizer con delle rose di bresaola



                                   Partecipo con questa ricetta al contest di AboutFood


           

domenica 24 giugno 2012

IL LINGUAGGIO SEGRETO DEI FIORI


" Non mi fido, come la lavanda.
Mi difendo, come il rododendro.
Sono sola come la rosa bianca, e ho paura.
E quando ho paura, lascio che la mia voce siano i fiori."


Questa frase è tratta da un libro che ho letto qualche tempo fa tutto di un fiato ed a cui ho pensato immediatamente quando ho visto questo disegno della sfida del mese di Valentina e Cinzia  a cui invio questa ricetta


"Il linguaggio segreto dei fiori" di Vanessa Diffenbaugh

un bellissimo libro intriso di tristezza e di vita, che parla della sofferenza di una bambina abbandonata in culla che ha passato l'infanzia saltando da una famiglia adottiva a un'altra.
Un libro che parla anche di coraggio e di speranza e che ci mostra la forza immensa dell'amore più vero, quello imperfetto e senza radici, che dà senza pretendere nulla in cambio.

Victoria ha paura del contatto fisico. Ha paura delle parole, le sue e quelle degli altri. 
Soprattutto, ha paura di amare e lasciarsi amare. 
C'è solo un posto in cui tutte le sue paure sfumano nel silenzio e nella pace: è il suo giardino segreto. 

I fiori sono il suo rifugio, la sua casa, la sua voce, attraverso il loro linguaggio Victoria comunica le sue emozioni più profonde. Ed è proprio grazie a questo magico dono che Victoria prende in mano la sua vita, trovando lavoro come fioraia: suoi fiori sono tra i più richiesti della città, regalano la felicità e curano l'anima.
Ma Victoria non ha ancora trovato il fiore in grado di rimarginare la sua ferita. Perché il suo cuore si porta dietro una colpa segreta e l'unico in grado di estirparla è un ragazzo misterioso che sembra sapere tutto di lei.

Ma non vi voglio raccontare tutto, perchè se ancora non lo avete letto, vi consiglio di correre in libreria!

Particolare l’idea di stampare il libro con quattro diversi tipi di copertine in modo che il lettore possa scegliere quella che più gli aggrada, ognuna rappresenta un fiore diverso con un suo significato: la rosa, la camomilla, la gerbera ed la bouganville.

Un'altra bellissima sorpresa è stata quella di trovare alla fine del libro un piccolo dizionario del significato dei fiori, di cui vi lascio il link.

 «Parlo del linguaggio dei fiori», cominciò a spiegare Elizabeth. 
«Viene dall’epoca vittoriana, come il tuo nome. Secoli fa le persone comunicavano attraverso i fiori.Se un uomo regalava un mazzo di fiori a una giovane donna, lei correva a casa per cercare di decifrarne il messaggio segreto.


Poi ho dovuto scegliere un fiore con cui realizzare la ricetta, ma non ho avuto esitazioni




Nel  mio giardino il gelsomino è in piena fioritura ed il profumo è inebriante. 

Si tratta di Trachelospermum jasminoides, un arbusto rampicante sempreverde con grandi foglie verde scuro e fiori bianchi a cinque petali molto profumati, il più diffuso insieme alla specie Jasminum officinale che ha invece foglie caduche lanceolate acuminate solo in punta.





Il gelsomino, originario del Malabar nelle Indie Orientali, fu importato nell'Europa dai navigatori spagnoli.
La leggenda racconta che in Italia il primo ad averne qualche esemplare fu Cosimo I de' Medici, detto il "Gran diavolo": si invaghì tanto di questo fiorellino, che volendo esserne l'unico possessore, proibì severamente ai suoi giardinieri di regalarne anche una sola pianta e di riprodurlo in molti esemplari. L'ordine granducale fu scrupolosamente rispettato per molti anni, finchè un giovane giardiniere, volendo presentare un gentil dono alla propria fidanzata nel giorno del suo onomastico, pensò di offrirle un ramoscello di gelsomino. La giovane gradì a tal punto che, dolente che un così bello e raro fiore dovesse avvizzire così presto, lo mise in terra per conservarlo fresco più lungamente ed ottenne più di quanto sperasse. Il gelsomino restò verde per tutto l'anno e nella seguente primavera gettò nuovi germogli e nuovi fiori e divenne il padre, se non di tutti, almeno di buona parte dei gelsomini che possediamo.
Il ricavo della vendita di queste pianticelle fu tanto cospicuo, che i poveri amanti divennero ben presto sposi doviziosi e felici. Da quel tempo le giovinette toscane usarono portare nel dì delle nozze un mazzetto di gelsomini, in memoria di tale avvenimento. 
In Toscana ancora oggi si dice che " ragazza degna di portare quel mazzolino è ricca abbastanza per fare la fortuna del marito".


Nel linguaggio dei fiori secondo la specie ed il colore della fioritura, il gelsomino esprime un diverso stato d'animo o desiderio. Il bianco è segno di amabilità mentre il giallo di felicità. Nel caso di timidezza, si può portare in dono alla propria amata un gelsomino notturno che è l'emblema della timidezza e significa unione. Quando l'amore sarà conquistato si passa al gelsomino rosso delle Indie che comunica il desiderio di accarezzarsi. Infine, dopo la prima notte d'amore, si regalerà il gelsomino giallo, simbolo della felicità matrimoniale.


Per la ricetta ho scelto qualcosa di estremamente delicato, come lo è questo fiore


GELATINA AL GELSOMINO


Ho usato come base una gelatina di mele, addensata con l'agar agar, che lasci vedere in trasparenza le corolle del fiore, appena velata di arancio dall'aggiunta di succo d'arancia rossa, per evitare l'inevitabile colore marroncino che prendono i fiori poco tempo dopo la raccolta.


Ingredienti

1,5 kg di mele
500 ml di acqua
400 gr di zucchero
2 cucchiaini da caffè di agar agar in polvere (6-8 gr)
succo d'arancia rossa
50 gr di petali di gelsomino appena colti 
(mi raccomando, è un lavoro da certosino, ma rigorosamente solo i petali ed i boccioli  - senza i sepali - puliti da eventuali piccoli insetti)



Sbucciate le mele, tagliatele a pezzi e mettetele in una pentola, aggiungere l'acqua, portatatele ad ebollizione e fatele cuocere con il coperchio finchè sono molto morbide e lasciatele riposare fino al giorno dopo.

Versate la frutta in un telo da cucina pulito e lasciate sgocciolare il succo, meglio sarebbe usare una mussola o un filtro di garza per evitare di strizzare perchè il liquido deve essere limpido. Se volete evitare questo passaggio potete usare il succo di mela già pronto. 

Misurate la quantità ottenuta ed aggiungete il succo d'arancia fino ad arrivare a 800 ml, valutando eventualmente di sostituirlo con un poco di acqua per non colorare troppo la gelatina.

A parte stemperate  l'agar agar con poco liquido freddo, la quantità dipende dalla consistenza che desiderate, poi aggiungete lo zucchero al restante e portate ad ebollizione.

Versate il liquido con l'addensante e bollite per almeno 5 minuti a fuoco vivace, mescolando frequentemente.

Dopo aver valutato la consistenza della gelatina, spegnete il fuoco, aggiungete i petali e versatela ancora bollente nei vasetti sterilizzati, chiudete ermeticamente e lasciate capovolti per 5 minuti.



Durante il raffreddamento ed il conseguente addensamento della gelatina, girate di tanto in tanto i vasetti per favorire la distribuzione omogenea dei petali all'interno del vasetto perchè tendono a venire a galla.


                                                                                                                                                                           

giovedì 14 giugno 2012

PIZZALANDREA

O Pizza all'Andrea, Piscialandrea, Sardenaira, Pissaladiere...insomma chiamatela come volete, le versioni sono tante e tanti ne rivendicano la paternità, fatto sta che più che una pizza è una focaccia condita con ingredienti semplici e tipicamente mediterranei: cipolle, aglio, acciughe, pomodori, olive nere ed erbe aromatiche.

Il suo nome ligure secondo la leggenda deriva da un illustro estimatore, l'ammiraglio genovese Andrea Doria, più probabilmente si tratta di una ricetta originariamente nizzarda, la pissaladiere (da pissalat - pesci salati) che varcando i confini, oltre alla storpiatura del nome, subì anche modifiche negli ingredienti come l'aggiunta del pomodoro ed a volte dei capperi e la sostituzione delle erbe di Provenza con l'origano.

Una cosa è certa, non l'apprezzerete se non vi piacciono le cipolle :)

Questa è la mia versione, una via di mezzo tra la ligure e la francese: cipolle in abbondanza, acciughe sotto sale, olive nere, spicchi d'aglio vestiti e pomodorini sì, ma a fettine sopra invece che come vorrebbe la versione ligure, in salsa mescolati alle cipolle, una bella spolverata di origano e...lievitazione a pasta madre ;)


Incominciamo con la preparazione della pasta, per la quale ho voluto sperimentare l'uso della pasta per la pizza con il poolish, tratta dal libro di Antonella Scialdone "La pasta madre" di cui sono rimasta particolarmente soddisfatta, probabilmente anche per il fatto che ho scelto una farina trovata solo di recente sugli scaffali del supermercato, una farina biologica di tipo 1 macinata a pietra.



La macinazione a pietra produce una farina a granulometria irregolare, non perfettamente bianca, con una più elevata presenza di crusche e totale conservazione del germe, una farina molto più saporita, profumata e digeribile. La differenza è data dal fatto che nel germe, che questo tipo di macinazione riesce a conservare, è contenuta la parte più nobile e saporita del seme. Inoltre la macinazione a pietra permette una lavorazione lenta senza surriscaldare il prodotto e ciò permette di produrre farine di notevole pregio che contengono ancora i principi nutritivi contenuti nel chicco.


Potete comunque fare la pasta con la vostra ricetta con cui fate abitualmente la pizza.

Questo impasto è a lenta lievitazione ed è molto comodo da usare perchè potete prepararlo con molto anticipo e lasciarlo in frigo.

Ingredienti per il poolish


120 gr di farina Manitoba
160 gr di acqua 
120 gr di pasta madre rinfrescata


Si prepara la sera prima sciogliendo la pasta madre nell'acqua, aggiungendo la farina e mescolando bene fino ad avere un composto omogeneo che risulterà molto molle.
Lasciate tutta la notte a temperatura ambiente.

La mattina dopo aggiungete

400 gr di farina tipo 1 "Buratto" Mulino Marino
180 gr di acqua
10 gr di sale
10 gr di malto in polvere (sostituibili eventualmente con un cucchiaino di zucchero)
20 gr di olio extravergine d'oliva


L'impasto sarà piuttosto morbido e dovrà riposare per circa 1 ora.

Sgonfiate l'impasto, appiattitelo a rettangolo e piegate i due lati uno sull'altro (piega 3), girate di 90° e ripetete l'operazione. Le pieghe servono a rafforzare il glutine contenuto nell'impasto.

Coprite e fate lievitare per un'altra ora, poi mettete in frigo.

Io ho ripreso l'impasto dopo 24 ore e si presentava così


L'ho spezzato in pezzi da circa 250 gr, ho formato delle palline e l'ho lasciate un paio d'ore sulla spianatoia infarinata prima di stenderle nella teglia senza mattarello, solo facendo pressione con le mani, partendo dal centro ed andando verso l'esterno.

Nel frattempo avevo stufato in qualche cucchiaio di olio ed un pizzico di sale circa 1 kg di cipolle bianche fresche che, una volta raffreddate ho messo sulla pasta, decorando gli altri ingredienti: filetti di acciuga dissalati, olive nere taggiasche denocciolate, spicchi d'aglio vestiti, origano ed un filo di olio extravergine d'oliva.

Infornate in forno caldissimo, poi abbassate a 240°C e cuocete fino a doratura della pasta.



Potete servirla sia calda che fredda, è comunque squisitissima!



Con questa ricetta partecipo al contest “I love pizza” de "i dolci di Laura"
 in collaborazione con Tec-Al srl



domenica 10 giugno 2012

I VINCITORI DEL CONTEST 5 SOLO 5

Ecco, ci siamo!



Come vi avevo anticipato la scelta non è stata facile, ci avete messo in seria difficoltà, al punto che dopo esserci viste un paio di volte, ci siamo prese un po' di tempo per rifletterci ancora su e, nonostante tutto, siamo dispiaciute di aver dovuto scegliere solo quattro tra le ricette inviate, golose, originali, interessanti, quelle che secondo noi interpretavano meglio lo spirito del contest: la semplicità. 

Semplicità di ingredienti e di preparazione - senza per questo cadere nel banale - grazie ad un tocco raffinato in più oppure ad una bella presentazione, non trascurando la qualità degli scatti, visto che entrambe siamo appassionate di fotografia...insomma, giudicate voi le sensazioni che vi trasmettono le ricette che, valutando i vari aspetti, abbiamo infine decretato vincitrici.

Ecco l'assegnazione dei premi della Maxwell&Williams - ci scusiamo ma una delle pirofile si è danneggiata nel toglierla dall'imballaggio e abbiamo dovuto sostituirla


Vediamo le ricette in dettaglio



Per la categoria antipasti


di Silvia del blog La Gelida Anolina

una ricetta molto originale per una preparazione semplicissima e veloce







Per la categoria primi 

di Marilù del blog Polvere di Peperoncino

un semplice e candido riso in bianco impreziosito dalla nota verde delle fave, profumato dalla menta e reso saporito dal pecorino



Per la categoria secondi


di Teresa del blog Scatti Golosi

per esaltare il sapore di un pescato freschissimo niente è meglio di una cottura al sale, in questo caso aromatizzato con la scorza di limone, ed un filo di buon olio extravergine d'oliva



Per la categoria dolci


di Antonella del blog Cioccomela

una neo foodblogger che sembra promettere molto bene



Per la vincitrice in assoluto ci siamo affidate alle manine delle mie bimbe

 che hanno estratto il biglietto di


Antonella del blog Cioccomela che, quando avrà occasione di venire dalle nostre parti, potrà soggiornare una notte con un'altra persona presso il B&B Collevento di Claudia ed assaggiare le sue meravigliose marmellate fatte in casa.

Valeria ed io ringraziamo di cuore tutte quante voi per la partecipazione e facciamo i complimenti alle vincitrici, a cui chiedo gentilmente di mandarmi una mail con i dati per la spedizione dei premi: io passerò da voi ma purtroppo non so se riesco prima di domani sera.

Ma questo è un post pieno di sorprese e le novità non sono finite qui! 

Ve lo ricordate il nostro primo contest sulle erbe selvatiche?


finalmente ho finito di sistemare tutte le ricette che ci avete spedito per la raccolta (a proposito ringrazio una di voi, ma non ricordo più chi, che mi ha segnalato questo bellissimo sito dove è possibile pubblicare gratuitamente) e che potrete leggere qui 

giovedì 7 giugno 2012

CARPACCIO DI SALMONE MARINATO ALLA SVEDESE

L'ultimo mio post risale al lunedì precedente agli avvenimenti che stanno sconvolgendo l'Emilia in queste ultime settimane, vorrei quindi farvi partecipe di alcune mie riflessioni prima di parlare di cose frivole, anche se la vita nonostante tutto continua nonostante gli eventi che spesso ci segnano ed a cui non è facile essere indifferenti.

Nessuno di noi sta tranquillo in questo periodo, se anche non si seguono - a volte con curiosità quasi morbosa - i notiziari, basta la terra che trema di continuo sotto i nostri piedi a ricordarci che poco lontano migliaia di persone stanno vivendo un brutto incubo e sapete soprattutto a chi va il mio pensiero?

Sarà che sono mamma ma penso ai bambini, i bambini che si sono scontrati precocemente con una realtà dura da accettare e da gestire, un'esperienza di vita che li fa crescere troppo precocemente mentre avrebbero bisogno di vivere la loro età, di godere del loro mondo protetto ed ovattato, di restare piccoli tutto il tempo necessario.

Il mio pensiero va soprattutto a loro perchè sono loro la vita, quella che cresce, che corre, che pulsa, quella che impreziosisce il tempo che passa...quella da cui si può attingere la forza per ricominciare.

Ed ora per tornare alla mia vita che per me va avanti regolarmente, vi racconterò che qualche giorno fa mio papà mi ha portato dal suo orto in campagna un bel mazzo di aneto. Lo conoscete?


L'aneto è una pianta annuale della famiglia delle Ombrellifere il cui aroma ed aspetto ricordano un po' il finocchio selvatico, pur essendo più piccante e deciso di quest'ultimo.

Io l'ho visto fresco per la prima volta lavorando in cucina in Svezia, immancabile accompagnamento al salmone ed al pesce in generale, ma anche alle uova, alle patate, nonchè aroma principale dei Gurken quei grossi cetrioli in agrodolce che io adoro.

Per fare questa ricetta, che non manca di riscuotere sempre un gran successo, serve proprio l'aneto fresco ma potete eventualmente sostituirlo con quello essiccato o del finocchietto selvatico.


CARPACCIO DI SALMONE MARINATO 
ALLA SVEDESE

Ingredienti

Le dosi ed i tempi sono per un pezzo di salmone di circa 1 kg
1,5 kg di zucchero
1,5 kg di sale
1 mazzo di aneto
pepe rosa o verde in grani leggermente pestati



Per prima cosa dovete sfilettare il salmone, meglio sarebbe trovare quello non di allevamento, che io ho avuto il piacere di assaggiare sempre in Svezia e che ha un sapore decisamente meno fishy, oppure ve lo fate preparare dal pescivendolo.

Lavate le due metà, asciugate con la carta assorbente ed eliminate con una pinzetta le eventuali lische.

In una bacinella mescolate sale e zucchero.

Prendete una metà del salmone appoggiatelo sul tagliere dalla parte della pelle, coprite con le foglie di aneto ed i grani di pepe e sovrapponete la seconda metà, premendo bene.


In un recipiente con le pareti abbastanza alte che contenga per il lungo il salmone, fate uno strato della miscela, appoggiatevi sopra le due metà sovrapposte e coprite con il resto della miscela.

Sigillate il tutto con la pellicola, coprite con un tagliere ed appoggiatevi sopra un peso.

Mettete in frigorifero e dopo 12 ore girate il salmone, ricoprendolo nuovamente come prima: noterete che avrà emesso del liquido. In questo modo il pesce si disidrata senza diventare secco, nè salato perchè la pelle lo protegge dal sale ed assume un bellissimo colore rosato, un sapore delicato ed una consistenza morbida simile a quella del salmone affumicato.

Il tempo della marinatura dipende dalle dimensioni - per un kg occorrono dalle 24 alle 36 ore, fino a 48 o più per pezzi più grossi.

Terminato il tempo di marinatura, togliete il sale senza sciacquare, dividete le due metà, eliminate aneto e pepe, appoggiatele sul tagliere dalla parte della pelle e tagliatele orizzontalmente a fettine sottili, avendo cura di eliminare le parti laterali che sono state a contatto con il sale che sono più scure e molto secche.


Servite con fettine di patate a vapore, una salsina fatta emulsionando un cucchiaino di senape con olio, sale e pepe, aneto tritato, gallette di segale e panna acida.

Con questa ricetta partecipo al contest di About Food

contest CARPACCI

lunedì 28 maggio 2012

CROCCHETTE DI PATATE E GAMBERI

Ieri allo scoccare della mezzanotte si è ufficialmente chiuso il nostro contest con 120 ricette arrivate!

Mi ha dato tanta soddisfazione vedervi partecipare in tante, ma devo confessarvi che è stato un lavoro impegnativo visionare tutte le ricette ed inserirle, soprattutto in un periodo in cui il tempo a disposizione era molto poco. Ieri ho passato tutta mattina davanti al pc, ma non facevo in tempo ad aggiungere una ricetta, che già ne arrivava un'altra sulla mail...magari controllate se ci sono tutte, perchè qualche piccola disattenzione ci sta, dovrebbero mancare solo le ultimissime di ieri. Sì perchè oggi voglio assolutamente scrivere una ricetta, che in realtà avevo realizzato qualche mese fa, se non sbaglio proprio per un contest di AboutFood , poi come spesso mi succede, sono arrivata tardi e la ricetta è finita nel dimenticatoio.

Anche questa volta sarei arrivata tardi, se non fosse stato che poco fa guardando gli aggiornamenti di Facebook ho realizzato che il contest su molluschi e crostacei scade arghhhhh! alla mezzanotte di oggi!

E io che avevo in mente di rifare delle meravigliose lasagne estive con i gamberi provate 2 settimane fa per il compleanno di un amico...però di quelle niente foto, non ho fatto in tempo :(  sfornate e andate a ruba.

Mumble mumble...ci sono! le polpettine di patate e gamberi! vado a cercare le foto e quelle più o meno sapevo dove, la ricetta annotata da qualche parte è stata una storia ben più lunga, ma eccomi qua

C'è solo una nota stonata: il frutto del melograno non è proprio di stagione, ma ultimamente il suo succo si trova tutto l'anno sugli scaffali del supermercato, usato come integratore per le sue straordinarie proprietà antiossidanti e dal punto di vista cromatico quel tocco di rosso rende il piatto molto più interessante, non trovate?
mentre dal punto di vista del sapore la nota leggermente acidula bilancia il dolce dei gamberi e delle mandorle

CROCCHETTE DI PATATE E GAMBERI 
CON RIDUZIONE AL MELOGRANO



Ingredienti

per le crocchette:
circa gr 400 di gamberi freschi
gr 300 di patate
1 scalogno
timo
sale e pepe q.b.

per la panatura: 
albume  leggermente sbattuto
1/2 pangrattato
!/2 mandorle tritate un po' finemente un po' grossolanamente (oppure a filetti)
curry a piacimento

olio extravergine di oliva

per la riduzione al melograno:
2 melograni (oppure 2 dl di succo in bottiglia)
1 cucchiaino di zucchero

In realtà è una ricetta davvero semplice: è sufficiente bollire le patate e con lo schiacciapatate ricavarne una purea. Unite poi lo scalogno tritato finemente e appassito in poco olio, i gamberi a crudo puliti e tritati grossolanamente, il timo.

Aggiustate di sale e pepe ed eventualmente se il composto fosse troppo asciutto lo potete amalgamare con qualche cucchiaio di latte.

Io ho voluto dare alle polpette la forma di quenelle, che ho passato prima nel bianco d'uovo e poi nella panatura alle mandorle aromatizzata con 1 cucchiaino raso di curry in polvere.

Le ho disposte sun una teglia coperta da carta da forno, irrorate con olio e messe in forno a 200°C fino a doratura.




Nel frattempo ho preparato la riduzione: ho ricavato il succo dai melograni dividendoli a metà e spremendoli con lo spremiagrumi.

Ho messo il succo in un pentolino con lo zucchero (se vi piace più dolce potete aumentare la quantità) ed ho fatto bollire fino al raggiungimento della consistenza desiderata, tenendo presente che raffreddandosi aumenta ancora un po'.







Le ho servite accompagnate con riso basmati ed un gambero cotto a vapore conditi con un filo d'olio e la riduzione di melograno.








Con questa ricetta partecipo al contest di About Food



venerdì 25 maggio 2012

I PERSONAGGI DEL VINO: CARLO RAVANELLO

Come prima cosa voglio ringraziarvi per tutte le ricette che ci state inviando per il nostro contest, sinceramente non mi aspettavo che fosse accolto con tanto entusiasmo! Ormai mancano pochi giorni ed a breve spetterà a me e Valeria l'arduo compito di scegliere solo quattro delle vostre ricette che si aggiudicheranno i premi in palio, nonchè la vincitrice assoluta...siete tutte bravissime!!!

Non sono nemmeno più riuscita a pubblicare nulla perchè il poco tempo che ultimamente ho a disposizione lo impiego per passare a trovarvi ed aggiornare la lista delle ricette che si sta facendo sempre più lunga.

Oggi però devo assolutamente parlarvi della serata alla quale sono stata invitata ieri, una serata in cui Liguria e Sicilia si sono incontrate a tavola ospiti di  Sergio Circella della trattoria La Brinca


con la straordinaria partecipazione di uno dei personaggi più importanti del mondo enologico di Liguria: Carlo Ravanello, presidente della Commissione Assaggiatori della Camera di Commercio di Genova, responsabile per la Liguria della Guida dei Vini del Gambero Rosso.

Siete pronte ad una carrellata di foto e a qualche assaggio???

Carlo Ravanello

Per prima cosa vi spiego il motivo per cui mi trovavo lì, un motivo di orgoglio per noi di Leivi: il vino che ha accompagnato il dessert, un passito da uve Cimixà, è di produzione di Maria Teresa e Domenico dell'agriturismo U Cantin  che fanno parte della nostra associazione  Leivinvita.

Ed eccoli al momento della presentazione, emozionatissimi ma al contempo orgogliosi del loro lavoro.

























 Adesso non posso non parlarvi di ciò che ci ha deliziato, cibo e vino in felice connubio.


Per incominciare, 

Bianchetta Genovese 
Golfo del Tigullio - Portofino d.o.c.
Autoctona 2011
La Ricolla di Daniele Parma, Ne

perfetta con piccoli assaggi nell'attesa.

di produzione di un vecchio vigneto  situato in 
Val Graveglia preso in gestione da qualche anno, è una bianchetta molto interessante, ancora molto chiusa, con poco tempo di bottiglia che deve quindi ancora affinarsi.

La Bianchetta, pur con le sue differenze territoriali, è un vitigno tipico che si articola sulle colline dai  terreni poveri che, se trattato adeguatamente, può dare origine ad un vino con presa di palato immediata, caratteristiche singolari e grandi profumi, . L'inconveniente di questo vino è che difficilmente dura più di 2 o3 anni perchè con il tempo il profumo svanisce.


A seguire, antipasti della nostra campagna, tra cui  il raviolo fritto, la farinata, il prebugiun di Ne, il castagnaccio, le fave con il salame e la baciocca di patate.



Per introdurre il prossimo vino, Sergio ci ha raccontato un aneddoto legato ai primi tempi immediatamente successivi all'apertura.

- Era la primavera dell'88 e mi viene richiesta una cena alla quale i clienti chiedono di portare personalmente il vino. Il signore in questione, presente tra l'altro questa sera in sala insieme a tanti altri produttori, presentò una bottiglia anonima ma con colori molto particolari, quello che ancora non sapevo sarebbe stato il Ciliegiolo di Bisson , un vino semplice come un nettare ma di grande impatto.

Il Ciliegiolo è un vitigno particolarmente bello, con bei grappoli violacei, che regalano la caratteristica colorazione porpora brillante al vino, particolare visivo da non trascurare, non meno importante del aspetto olfattivo e gustativo.

La storia del vitigno nasce da due persone preoccupate della salute del papà che vogliono alleggerirlo dell'impegno della cura il vigneto e pensano di darlo in gestione.

Piero Lugano, titolare dell'azienda Bisson   rimane colpito da quel vino, pur ritenendolo al momento sgraziato e ruspante, con una punta di aceto e dei tannini aggressivi e capisce immediatamente che con una vinificazione attenta e con molta cura nella pressatura e nelle tempistiche avrebbe dato grandi sorprese.

E' un vino fatto in piccole quantità che da 10 anni viene esportato negli Stati Uniti, un vino dalle incredibili sfaccettature, che bene si abbina con molti piatti della cucina ligure, dalle verdure, alla carne, al pesce.


Noi l'abbiamo degustato così




Ciliegiolo Portofino d.o.c. 2011
Bisson di Piero Lugano
Chiavari


con

Gnocchetti di patate locali 
al pesto, pomodoro e mandorle.










Dal primo passiamo ai secondi e dalla Liguria alla Sicilia: Carlo Ravanello è anche viticoltore nella lontana Sicilia alle pendici dell’Etna, dove in contrada Linguaglossa a 650 m. s.l.m.,  produce pochissime bottiglie di Etna Rosso che ci ha portato da assaggiare.

La coltivazione della vite in Sicilia ha una storia millenaria che si perde nella notte dei tempi, soprattutto sulle pendici dell'Etna dove se ne parlava già nell'Odissea a proposito di Polifemo: i veri vini siciliani nascono proprio lì.


Questo vino è il risultato di condizioni pedoclimatiche particolari in cui crescono i vigneti, con escursioni circadiane di temperatura che arrivano fino a 40°C e presenza di terreno acido molto ricco in sali minerali che trasmette acidità al vino. Le uve sono caratterizzate da carenza cromatica dovuta alla colorazione degli antociani, per cui viene aggiunto del Nerello Cappuccio al Nerello Mascalese per accentuarne la sfumatura.


Etna Rosso
d.o.c. 2010
La casa di Filippo

con
Noce di vitellone con olio extravergine da cultivar Nocellara dell'Etna e Randazzese


Un vino brillante con profumi di spezie nostrane e tannini ben polimerizzati che, dopo poche settimane in legno dove si è svolta la fermentazione malolattica, è stato trasferito in tonneau da 500 litri dove ha continuato il processo evolutivo acquisendo leggera presenza di legno.

Un vino con una gradazione alcolica, sebbene non dichiarata, che arriva vicino a 15 % , motivo per cui io mi sono fermata qui! niente cinghiale, niente annata 2009 per lasciare un po' di spazio per il dolce ed il passito.

La serata era stata già sufficientemente ad elevato tasso alcolico...non si può di certo dire che il vino ci sia stato misurato, i camerieri efficientissimi non ci permettevano di restare a lungo con il bicchiere vuoto ;)

























Ed eccoci finalmente al dolce ed al passito 





Maccaia
U Cantin 
di Penco 
Maria Teresa
San Colombano Certenoli


servito con 

torta dura di nocciole locali
e torta soffice di castagne con il suo gelato












Vino passito da uve Cimixa (Scimiscià), uno dei  vitigni autoctoni più pregiati e con caratteristiche peculiarità, molto noto nei tempi remoti ma purtroppo poco valorizzato in quelli più recenti, con il rischio di essere dimenticato definitivamente, recuperato grazie ad un progetto della Comunità Montana della Valfontanabuona con la collaborazione della Provincia di Genova.

La Cimixa è un'uva che produce poco, rende poco, è molto delicata con un acino dalla buccia sottilissima, ma è buona perchè molto zuccherina e veniva usata in passato come "migliorativo" nella Bianchetta e nel Vermentino per aumentarne il tasso alcolico.

In purezza viene usata per farne un buon passito con caratteristico aroma di miele di castagno.

Spero di essere stata precisa nel riportare quanto ci è stato detto durante la piacevole ed interessante serata...se per caso ho sbagliato qualcosa non me ne vogliate, non posso dire di essere stata completamente lucida e vigile dall'inizio alla fine!



Un grazie di cuore a tutto lo staff della Brinca e a Carlo Ravanello 
e congratulazioni ai nostri amici Domenico e Maria Teresa!