martedì 1 maggio 2012

LA CIMA LIGURE ovvero dell'arte di arrangiarsi

Tutto incomincia qualche giorno fa, quando nel banco frigo del reparto macelleria del supermercato vedo un particolare taglio di carne, la cosiddetta "tasca", che altro non è che una parte dello scalfo della pancia del vitello.

Resto come folgorata da una serie di immagini che partono improvvisamente ed involontariamente nella mia mente, una miriade di ricordi di infanzia legati ad un piatto che nella nostra famiglia ha accompagnato ogni festa, la cima ripiena - quelle fette saporite e variopinte di cui noi bambini mangiavamo solo il centro, scartando la carne intorno. E, sì, ce lo potevamo permettere, perchè intanto noi la carne ce l'avevamo tutti i giorni nel piatto!

La cima è il simbolo dell'abbondanza pur nella povertà: la Liguria è sempre stata una terra arida e avara per i suoi figli, che a fatica hanno dovuto strappare dalla terra e dal mare qualcosa da mettere sotto i denti per sè e per tutta la famiglia, per cui i nostri piatti portano la testimonianza di questa durezza.

Io credo che sia più una questione di necessità piuttosto che di spilorceria che le malelingue attribuiscono ai genovesi, necessità da cui scaturisce la fantasia.

I sapori sono netti, franchi, diretti, gli ingredienti povere cose...ed ecco apparire la genialità dettata dal bisogno: manca il grande taglio di carne, ma il piatto di carne c'è.

La si ritrova nei tritati, sminuzzata fino a diventare irriconoscibile, perchè in parte recuperata per non buttare niente da quelle parti dell'animale meno pregiate, le frattaglie: poppa, testicoli, animelle, schienali e cervella.

Allora non posso non pensare a mia nonna, che per fare le scarpe per i suoi quattro figli intrecciava le foglie secche del granturco e le usava come tomaia e che quando i soldi mancavano e la dispensa era vuota si serviva della sua ricchezza più grande, la fantasia, usando quel che c'era e variando la ricetta a seconda del bisogno.

Per questo motivo le varianti si sprecano, non so dirvi quante ne ho trovate sui miei libri e dopo una serie di telefonate a mia zia, la mia ex-suocera, la mia attuale suocera...ognuno ha la sua variante: chi mette i carciofi, chi la lattuga, chi gli zucchini, chi le frattaglie come la ricetta vuole, chi la mortadella, chi il prosciutto, chi trita tutto, chi lascia vedere i pezzi, chi mette l'uovo intero...insomma, da impazzire!

Adesso vi faccio vedere come l'ho fatta e dall'aspetto e dal sapore direi che è proprio quella dei miei ricordi :)



e sì perchè dovete sapere che c'è un buco di quasi 20 anni nei quali non sono riuscita a mangiare la carne e soprattutto che per me, ligure purosangue, è stata la prima volta! 


Già...mai fatta la cima, perchè?

perchè avevo paura di non esserne capace, perchè sono quelle ricette che ti devono insegnare, che vanno tramandate di madre in figlia (ma mia madre - per dirla con un eufemismo - non ha la passione per la cucina), per cui non esiste una ricetta, ma La Ricetta, che è quella di famiglia, perchè l'esperienza ti insegna a capire ad occhio dalle dimensioni della tasca quante uova metterci, altrimenti scoppia...ed infatti, vi devo confessare così è stato :(  ma non ho esagerato di tanto, così ho rimediato e quasi non si vede, vero?

Adesso vi spiego come l'ho fatta, giusto per avere una linea guida, ma lascio spazio alla vostra creatività

LA CIMA RIPIENA ALLA LIGURE


Ingredienti 

una tasca di carne da 1 kg circa
1 lattuga
la ricetta dice 100 gr di cervella, 100 gr di animelle, 100 gr di schienali
ma se non vi aggradano potete sostituirli sia con la mortadella che con il prosciutto cotto
carne magra di vitello tagliata a pezzi molto piccoli 200 gr
parmigiano grattugiato gr 100
piselli freschi gr 100
uova 4
pinoli 2 cucchiai
1 spicchio d'aglio
maggiorana
noce moscata
carota, sedano, cipolla, 1 foglia d'alloro per il brodo

Per cominciare dovete cucire la tasca con dello spago da cucina, lasciando una piccola apertura su un lato.


Pulite e sbollentate la lattuga (che potete sostituire totalmente o in parte con zucchini o carciofi) scolatela, strizzatela e tritatela finemente.

In una padella scaldate il burro con lo spicchio d'aglio e scottatevi per pochi minuti prima la carne e poi la cervella, le animelle e gli schienali. Eliminate l'aglio.

In una ciotola riunite le carni scottate, il parmigiano, la maggiorana, la noce moscata, le uova leggermente sbattute, i piselli e qualche dadino di carota per il colore e amalgamate fino ad avere un impasto omogeneo. Aggiustate di sale e pepe.

Farcite la cima con il ripieno per 2/3 della sacca e non di più perchè il ripieno si gonfia molto in cottura e finite di cucire l'apertura.
Controllate attentamente la tenuta delle cuciture, non ci devono essere fuoriuscite di liquido! dopodichè bucate la cima con uno spillone per evitare che scoppi.


In una pentola capace portate ad ebollizione abbondante acqua salata con i sapori, mettetevi la cima (in questo modo ci sarà un'immediata coagulazione dei sapori) attendete la ripresa dell'ebollizione ed abbassate la fiamma al minimo. Punzecchiate ancora un po' per sicurezza.

Proseguire la cottura a fuoco lento per circa 2 ore - 2ore 1/2.

Togliete la cima dalla pentola e fatela raffreddare sotto un peso (si usava il mortaio o il ferro da stiro) per farle eliminare i liquidi e renderla bella compatta.


Ora potete tagliarla a fette e servirla appena tiepida o a temperatura ambiente.

In più: 
- La cima regala pure un gustoso brodo che potete riutilizzare a piacere
- C'è anche chi per cuocerla la avvolge in un telo 
- La cima dura alcuni giorni, ma se volete reinterpretarla, si possono pure impanare e friggere le fette.

Ed ora vi lascio con alcuni versi della canzone che Fabrizio De Andrè ha dedicato in genovese a questo piatto

‘A ÇIMMA


Ti t’adesciàe ‘nsce l’èndegu du matin                    Ti sveglierai sull’indaco del mattino
ch’à luxe a l’à ‘n pè ‘n tera e l’àtru in mà               quando la luce ha un piede in terra e l’ altro in mare  

ti t’ammiàe a ou spègiu dà ruzà                              ti guarderai allo specchio di un tegamino 
ti mettiàe ou brùgu rèdennu’nte ‘n cantùn               metterai la scopa dritta in un angolo  

Cè serèn tèra scùa                                                 Cielo sereno terra scura 
carne tènia nu fàte nèigra                                        carne tenera non diventare nera 
nu turnà dùa                                                           non ritornare dura  
                                             
Bell’oueggè strapunta de tùttu bun              Bel guanciale materasso di ogni ben di Dio
prima de battezàlu ‘ntou prebuggiun                        prima di battezzarla nelle erbe aromatiche   


cun dui aguggiuìn dritu ‘n pùnta de pè                     con due grossi aghi dritti in punta di piedi
da sùrvia ‘n zù fitu ti ‘a punziggè                             da sopra a sotto svelto la pungerai
                                                                         
e ‘nt’ou nùme de Maria                                         e nel nome di Maria
tùtti diài da sta pùgnatta                                         tutti i diavoli da questa pentola  andate via
anène via

tucca a ou fantin à prima coutelà                            tocca allo scapolo la prima coltellata 
mangè mangè nu sèi chi ve mangià                         mangiate, mangiate 
                                                                            non sapete chi vi mangerà

Valentina




Questa ricetta partecipa al contest di Ti cucino così








ed alla raccolta di Laura in cucina




23 commenti:

  1. Ciao, ho letto con passione questa ricetta.Non l'ho mai mangiata nè tantomeno realizzata.L'ho conosciuta tramite De Andrè,con A Cimma appunto, mio grande amore genovese.Tramite lui mi sono innamorata di Genova ed in particolar modo del dialetto genovese,lo adoro sotto ogni punto di vista.Sono sicura che ti è venuta davvero bene e sono altrettanto sicua che è buonissima,chissà magari un giorno quando tornerò a Genova,andrò a mangiarla in qualche ristorante magari dalle parti di via del campo o di via Prè.... e come dice alla fine,mangiamo che un giorno saremo mangiati...
    baci

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  2. che buona la cima!!!!!!!!!!! mia mamma la faceva quando eravamo piccoli

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  3. Un piatto che non conoscevo ma che porta con sè una sua storia affascinante.
    Mi attira, ci vuole un po' di tempo x prepararla ma penso che ne valga la pena! Grazie x la ricetta e Buon I° Maggio!!!

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  4. Ciao, io adoro la cima e spesso assieme a mia mamma la preparo. Pero' prossima volta ci mettero' la lattuga, non l'ho mai usata!

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  5. Grazie di cuore per tutte le ricette ...questa è la prima che guardo ma dalle immagini e dalle descrizioni sono certa che deve essere una prelibatezza Saluti cari e buon fine 1 maggio ..laura

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  6. Ciao, ti capisco..io vivo da 43 a Genova e non ho mai preparato nè assaggiato la cima, aspettavo giusto giusto una buonissima ricetta!grazie, ilaria

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  7. Anche per me la tasca di vitello ha i ricordi dell'infanzia; mia mamma la riempiva in maniera più semplice ma ricordo che la parte buona era l'interno, avrei mangiato solo quello....
    La tua versione non la conoscevo, ha un aspetto davvero bello!
    Grazie per la ricetta.

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  8. che gustosa questa versione ripiena.. davvero buona, invitante! baci
    luisa

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  9. Ciao! Mi piace un sacco il tuo blog, fresco e allegro! Mi ispira tanto questa carne ripiena! Ha un aspetto davvero genuino!
    a presto:*

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  10. I can just imagine what a delight is would be to eat this! Very good!

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  11. non ho mai mangiato la cima, dovrò provvedere! ho visto che sei passata da me, grazie di aver inserito la mia ricetta nel contest! se ti a tio ho lasciato un piccolo premio, passa a ritirarlo ;)

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  12. non l'ho mai mangiata nè cucinata, ma ha un'aspetto splendido, un abbraccio SILVIA

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  13. e'vero quale tripudio di colori e sapori e'esaltato in primavera se non la cima alla genevose.ottima idea di tradizione ma perfetta per la stagione!Grazie

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  14. bellissimo questo post, davvero! amo molto la cima, ma non l'ho mai fatta, qui in piemonte si prepara una pietanza che potrebbe essere una parente, più o meno lontana, si chiama sacòcia (tasca ripiena) l'ho postata poco tempo fa.
    Mi piace molto il tuo racconto e ... questo post farebbe felice mio figlio che si è laureato in lingue e la sua seconda tesi (quella della laurea magistrale) è stata proprio sul dialetto genovese e precisamente su il mitico Faber. Che, detta così sembrerebbe roba da niente invece...
    Ora gli linko questa ricetta così ti viene a vedere.
    Scusa .. mi sono lasciata andare con le chiacchiere. Buon week!

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  15. garzie per averci insegnato come preparlo e fatta cnoscere cose almeno per me inedite

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  16. la cucina tradizione ligure è proprio come la descrivi tu ricca nella povertà, il dover inventarsi l'arte delle cucina per valorizzare al massimo gli ingredinti sia della terra che qualche volta di mare , gran bella cima

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  17. ciaoo
    bellissimo blog

    buona domenica

    http://laracroft3.skynetblogs.be
    http://lunatic.skynetblogs.be

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  18. bellissimo piatto, fattocon passione e amore!
    la passione che avete per la vs terra e quasi commovente!!
    intano vi seguo se volete anche vedere un po' della mia terra www.i5mondi.it
    saluti

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  19. Una prova di abilità superata alla grandissima :)

    Un bacione e buon inizio settimana

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  20. non l'ho mai fatta e nemmeno mangiata..mi sa che sia ora di provarla..
    complimenti!!

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  21. complimenti per la bellissima presentazione di questo piatto veramente gustoso,anch'io l'ho sempre acquistata e ora mi e' venuta la voglia di provare a farla!

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  22. Quante belle ricette! mi piace il tuo blog! mi unisco ai lettori con piacere!

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  23. Questa ricetta starebbe bene nel mio contest, vienimi a trovare e partecipa :-)
    Puoi partecipare anche con altre ricette regionali ;-)

    http://leleccorniedidanita.blogspot.it/2012/05/geografia-in-tavola-ricette-ditalia-il.html

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