La fine dell'estate ( e sì, mentre lo scrivo mi accorgo che ormai purtroppo volge davvero al termine, volata, in un batter d'occhio) ci porta questi frutti deliziosi e dolcissimi che evocano in me ricordi d'infanzia, pomeriggi in campagna da mio nonno a farne scorpacciate, cogliendoli direttamente dall'albero oppure accompagnati al pane per una merenda d'altri tempi...sarà per questo che non mi piace comprarli, non hanno lo stesso gusto.
Succede però che una sera un amico invitato a cena bussa alla porta con un dono assai gradito: un bel cestino di quelli con il manico, proprio uno di quelli che mio nonno appendeva ad un ramo con un gancio mentre coglieva la frutta, colmo di fichi appena colti dal suo albero!
Bè, il dono non era del tutto disinteressato, casualmente mi ricorda di aver mangiato a casa mia un antipasto fatto con dei fichi messi al forno...io, ovviamente ho rimosso tutto, difficilmente memorizzo quello che creo sul momento e quando mi viene richiesto di rifarlo...brancolo nel buio!!!
Pensa che ti ripensa, doveva essere qualcosa del genere
FICHI GRATINATI AL PROFUMO DI TIMO
Ho scelto 10 fichi piuttosto grossi e sodi, li ho lavati e tagliati in 4 spicchi senza arrivare fino in fondo, poi li ho avvolti in una fetta di lardo pancettato.
Li ho disposti in una teglia, piuttosto stretti per evitare che si aprano durante la cottura.
Ho preparato un'emulsione con 3 cucchiai di olio, 1 cucchiaio di aceto balsamico, 1 cucchiaio di miele e delle foglioline di timo con cui ho cosparso i fichi.
Ho spolverizzato con delle nocciole tritate e ho messo in forno a 200°C per circa 10 minuti, facendoli infine gratinare per pochi minuti.
Serviteli tiepidi.
Cosa dite, il mio amico Marco si sarà meritato un altro invito a cena???
Scusatemi ma vi faccio sempre aspettare, pubblico i post sempre con una certa latenza, non vi sto nuovamente a spiegare che ho sempre un sacco di cose da fare, è un problema comune, prendeteli quando arrivano...e ve ne sarò grata!
Tuccio e Getto che ci ha raccontato la storia della Via del Sale e della sua importanza
Mettere le acciughe sotto sale è uno dei metodi di conservazione più antichi: non è difficile, ma per avere un buon risultato bisogna fare attenzione ad alcuni punti essenziali che Tuccio ci ha accuratamente spiegato durante la dimostrazione fatta nel corso dell'manifestazione Sapori d'olioche si è svolta sabato 23 Luglio nel parco giochi di Leivi, splendida location, che ne dite?
Peccato che il tempo abbia fatto i capricci, ma dopotutto è stato clemente, ci ha lasciato giusto il tempo per finire. E faceva pure piuttosto freddino, ma questo non ha scoraggiato chi aveva in programma di venire, cosicchè eravamo un bel numero.
Bè, per fortuna! Avevo trascorso gli ultimi 2 giorni a preparare il buffet, e la più grande soddisfazione per chi ama stare i fornelli è trovare qualcuno che mangi e, se apprezza...meglio ancora!
Un assaggio del buffet
La presentazione è stata di grande effetto, grazie alla collaborazione con Atmosfera Italiana che ci ha fornito i contenitori da Fingerfood e le olive nere taggiasche
Per non parlare di Flavio che ci ha deliziato con cartocci di acciughe fritte, il Finger Food dei nostri nonni ;)
E adesso ecco come mettere le acciughe sotto sale:
innanzitutto occorrono delle arbanelle, contenitori di vetro che adesso vengono venduti con il coperchio di plastica che non fa evaporare la salamoia ed evita di doverla rabboccare, mentre se vado a frugare nei miei ricordi di bambina le vedo sullo scaffale in cantina con un disco di ardesia che ci si infilava dentro alla perfezione e sopra un blocco di marmo o una pietra di mare a fare da peso, accanto la bottiglia con acqua e sale per il rabbocco ogni qualvolta il livello del liquido non era sufficiente a coprirle...ricordo ancora quel profumo penetrante di salmastro: erano giusto all'altezza del mio naso ;)
Le acciughe devono essere rigorosamente del Mar Ligure, appena pescate, bisognerebbe andare al mattino prestissimo al mercato del pesce per trovarle quasi ancora guizzanti oppure avere un pescivendolo di fiducia per evitare la levataccia e farsene mettere via una cassetta quando sono della misura giusta. E sì, perchè ci vogliono belle grosse, ed il mesi miglior sono Giugno e Luglio, se sono piccole si dissolvono con la salatura.
Come si riconoscono le acciughe fresche? La pelle lucida, colorata, che riflette la luce, la pancia integra, l'occhio limpido e trasparente, una certa rigidità.
E poi non vanno assolutamente lavate, l'acqua dolce le fa marcire, bisogna che non siano bagnate nè le mani, nè le arbanelle. Si tolgono solo le teste, spezzando il pesce a livello delle branchie e si sfilano le interiora, facendo attenzione a non aprire la pancia, altrimenti ci entra dentro il sale.
Ogni arbanella piccola contiene circa due chilogrammi di pesce e necessita di un chilo di sale grosso.
Si cosparge il fondo di un arbanella con un pugnetto di sale grosso ma non troppo (più o meno due cucchiai da cucina) e si dispongono i pesci disposti testa-coda, poi si mette un altro pugno di sale sullo strato appena fatto e si fa un altro strato a croce, ossia se si è fatta una fila dall'avanti verso di sè, lo strato successivo lo si fa da destra a sinistra. E lo strato successivo lo si fa di nuovo dall'avanti verso di sè.
Ci deve essere abbastanza sale da riempire i buchi fra i pesci e un lieve eccesso sopra, tale da ricoprire appena i pesci sottostanti e si va avanti così per 5-6-7 strati finché non si riempie l'arbanella fino a 2 cm dal bordo, poi si riempiono i due centimetri di sale fino all'orlo.
Ci si mette sopra una pietra piatta di ardesia o una piattina di vetro (a volte si trovano dei dischetti di plastica ma è meglio non usarla per il contatto prolungato con il sale) e sopra un peso di 1-2 chili. Quando il pesce è schiacciato perde i propri liquidi interni e diminuisce di volume, il livello scende e durante la prima settimana si possono fare dei rabbocchi di pesce: si tolgono con un cucchiaio i due centimetri di sale, conservandoli in un piatto, si aggiungono altri due o tre strati di acciughe fresche e si ricopre con il sale che si era tolto.
L’arbanella deve essere posta su di un piatto perché trabocca la salamoia e va lasciata al buio e senza coperchio per circa due mesi, trascorsi i quali può essere chiusa per fare evaporare meno il liquido, ma comunque il pesce deve rimanere sempre schiacciato, basta anche una pietra del mare piatta e rotonda da mezzo chilo appoggiata sul vetro oppure una piastrella di ardesia che faccia da tappo. Soprattutto deve essere rabboccata se il liquido evapora con una salamoia preparata al momento di acqua e sale in soluzione satura: per saturare la salamoia, si fanno sciogliere due cucchiai di sale grosso a caldo in un litro d'acqua e si continua ad aggiungere sale finché l’ultima cucchiaiata rimane indisciolta sul fondo.
Si lascia raffreddare e si aggiunge al bisogno.
Controllare ogni tanto che non ci siano muffe e che non si senta odore di marcio. Se si vedono muffe, specialmente rosa o verdi, anche se tolti due o tre strati sopra sotto sembra buono, è meglio non fidarsi ed è necessario buttare via tutto.
Per chiarire ogni dubbio circa la preparazione delle arbanelle vi ho trovato un simpaticissimo video, visto che noi purtroppo non ne abbiamo fatti